lunedì 5 settembre 2016

La lezione di Domon Kean: dove sta la sfida?


Ieri sono stato a visitar la mostra del forse più grande " Fotografo Realista" del ventesimo secolo, o meglio, senza forse e tante percezioni ho avvertito e molto concrete sull'oggi.


Mi ha colpito una frase tremendamente attuale e drammatica: l'epoca era negli "Anni 40" dello scorso secolo con tutti i crimini che stavano intervenendo , c'è questa frase immessa dai curatori della mostra inserita in un pannello.

" Nessun linguaggio sembra essere in grado di esprimere una realtà così tragica"

La strada quindi, non delle parole che perpetuano le tragedie, ma come dimostrò Domon Kean, la fotografia realista, in grado con un fotogramma di racchiudere e cogliere il dramma umano in un istante nella sua totalità.

Quello che si coglie oggi con linguaggi che sembrano il manifesto del: "Non Esserci" che non descrivono nulla dei drammi umani: passività evidente...la prova è il sisma del Centro Italia....cosa è descritto....macerie....lutti...rovine....tendopoli....dichiarazioni di qualche " Alto Papavero"....promesse...e su altri fronti la follia ideologica mai sviluppata così alta a memoria d'uomo e non rintracciabile andando indietro nelle epoche....cosa non è descritto....la sofferenza umana autentica di un bambino reso orfano dalle degenerazioni del pensiero umano, sia qui che in altri luoghi, una donna che ha perso il suo compagno di vita, ma se non si osservano i volti di questi profondi drammi interiori c'è solo spazio per la neutralità dei concetti.

Ecco come Domon Kean nelle sue immagini descrisse invece il dramma interiore della perdita, specialmente quelle foto di bambini orfani su cui non è possibile rimaner indifferenti, ma è proprio sul suo lavoro che il grande fotografo realista indicò la sua forza espressiva.

Quando ritrasse Hiroshima poi raccolte in quel volume intitolato non a caso" Giorni di Odio e Disperazione" ....il fotogramma dell'oggi in cui l'antagonismo porta all'odio e poi la disperazione delle vittime dell'ennesima sottovalutazione delle passioni fuori controllo e senza rispetto per nulla...lui non fece la cosa più semplice....fotografar rovine, vittime private della vita...qualcosa di profondamente incisivo, direttamente sulle coscienze....ritraendo i vivi...con i loro volti sfigurati, i visi pieni di cicatrici, i loro occhi a domandar il perché di tutto ciò senza bisogno di alcun concetto.

Descrisse però anche la bellezza della natura ed i templi Buddisti, la gioia autentica del vivere che faceva un tutt'uno di questo assieme e vedendola non mi è stato possibile scindere una aspetto da un'altro.

Poi le maschere in quel teatro dei burattini ritratti proprio nello stesso giorno in cui il Giappone dichiarò guerra agli Stati Uniti; ma frasi dette dal grande artista che non solo, mi hanno colpito, di più, indicato una strada senza ritorni nella mia vena artistica che vedrà usar sempre di meno lo scrivere e quindi facendo leva sulle immagini, la vera sfida di oggi...ma è proprio sulla forza di esse che lui indicò cosa sono, ma soprattutto cosa non sono...una lezione per l'oggi dove siamo invasi da tutto ciò e la lezione di Domon Kean indicar la veridicità di un fotogramma.



"Dimenticare che stai usando una macchina fotografica"

Qui sta l'essenza del tutto e del perché siamo invasi da immagini, ma senza coglierne l'essenza: vediamo un fotogramma, ma senza osservarlo facendo in modo di riempirlo di parole, spesso dette da altri ed in questo modo quella foto sparisce e rimangono solo le degenerazioni dell'intelletto....come quando un uomo sofferente ti si presenta davanti, il volto di un bambino dagli occhi assenti, una donna rintristita, un'altro che entra dentro una mensa e ogni giorno che vi entra è una sconfitta interiore e materiale.

Quando invece sai cogliere l'essenza interiore del dramma, ma anche della gioia, ti dimentichi con quale mezzo quel fotogramma è stato creato ed è lo scopo primario di un ricercatore di immagini realiste che non desidera marchingegni mentali che si focalizzano sul mezzo ma sull'immagine ed è lo stesso fotogramma che si lascia ritrarre nella sua essenza quando cogli aspetti del vivere, evitando di fotografar forzature facciali, mascheramenti che è il modo per diventar effetto dell'invasione delle immagini.

Un lavoro il suo preciso come quando ritrasse i volti di uomini e donne di un certo rilievo, ma da lui apprezzati ed osservandoli, non ho avuto alcuna attenzione che per realizzarli usò una macchina fotografica, ma sui volti intensi ed espressivi comparsi davanti ai miei sensi.

C'è una sua frase che voglio immettere come ultimo frammento per questa epoca folle e superficiale.

" La realtà è nebulosa e non ha gambe come i fantasmi"


Da oggi cercherò di seguir i suoi insegnamenti in cui nessun linguaggio sembra essere in grado di esprimere una realtà così tragica e dovrò io stesso dimenticar cosa sto usando per descrivere anche la gioia del vivere: la vera sfida che si lascia ritrarre capendo se è una vera immagine o una forzatura.





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